ALLA RICERCA DEL PROPRIO INNOCENTE

”Se non ritornerete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli”:

alla ricerca del proprio Innocente

Godere e gioire della vita in ogni sua manifestazione, fidarsi e affidarsi al proprio sentire, scegliere di vivere e manifestare pienamente le proprie emozioni, essere in armonia con noi stessi e con ciò che ci circonda, accogliere tutto ciò che ci accade come un’esperienza attraverso cui comprendere meglio chi siamo realmente, per trasformarci ed evolvere può non essere soltanto un’utopia o un miraggio, una conquista per pochi coraggiosi “eletti”, nati con chissà quale straordinario dono o “potere”.

Ogni bambino ha bisogno di uno spazio dove crescere che sia anche un luogo sicuro, sereno, pieno di amore e protezione. Ed è innegabile che ognuno di noi nasca con una serie di bisogni che non è in grado di soddisfare da solo, ed è per questo che è totalmente dipendente dai suoi genitori, o comunque da chi si prende cura di lui. Certo è, che se riceve nei suoi primissimi anni di vita tutto l’affetto e le cure necessarie, tutte quelle coccole, quel calore e quel nutrimento indispensabili per uno sviluppo armonioso, riesce a strutturare dentro di sé una splendida fiducia che il mondo sia un posto sicuro e che, se dovesse avere bisogno, potrebbe contare su quel sostegno fisico, psichico, emotivo ed intellettivo indispensabili per poter maturare e crescere. Come purtroppo è altrettanto innegabile che il più delle volte quel bambino o quella bambina si ritrovi scaraventato in una realtà familiare dove quei bisogni vengono disattesi, dove non riceve quell’attenzione, quella protezione, quel rispetto che merita.

Così dipendente dall’adulto e così permeato di fiducia, ogni bambino crede a tutto ciò che gli adulti di riferimento gli “insegnano”. Per cui se un genitore ( o magari un insegnante) gli dice che può farcela, che è capace, che ha mille buone qualità, che è bello, che è intelligente, egli gli crederà e questo gli consentirà di contare, da adulto, su una buona dose di autostima e di fiducia in se stesso. Ma se quello stesso genitore (o quell’insegnante) dovesse dirgli, o comunque fargli percepire indirettamente, che è brutto o cattivo, che non vale nulla, che è stupido oppure egoista, che non sarà mai capace di raggiungere questo o quel risultato, be’, lui crederebbe anche a quello. Ma il dolore e il senso di frustrazione sarebbero così grandi e inaccettabili, che quel bambino o quella bambina non potrebbero fare altro che negarli anche a se stessi. La negazione diventa così il meccanismo di difesa adottato, ma le ferite generate da quel vissuto restano. Ognuno di noi ha infatti una sua parte vulnerabile, ha ferite profonde, risultato di tutti quei bisogni non soddisfatti, ferite che tornano a sanguinare nelle esperienze dolorose della vita. Ed istintivamente ciascuno di noi vorrebbe evitare quel dolore, quel senso di frustrazione o quelle paure che ritornano a galla anche da adulti, quando permettiamo a qualcuno o a qualcosa di toccare o riaprire proprio quella ferita.

Possiamo diventare grandi, maturi, saggi ma ci siamo mai chiesti come sta quel Bambino dentro di noi che non è stato coccolato, amato, rispettato o protetto? Abbiamo mai affrontato quelle ferite dolorose? Certo possiamo continuare ad ignorarle, a indulgere nel cinismo, accusando la vita di essere stata maligna con noi, possiamo trasformarci in capri espiatori, oppure scegliere di lasciarci sopraffare dalle paure, dalle preoccupazioni, da visioni negative. Possiamo negare quotidianamente quel dolore, e cercare di compensare, o proiettare sugli altri ciò che di inconscio si muove in noi, facendo pagare a chi ci sta intorno le nostre sofferenze, la nostra rabbia e le nostre frustrazioni. Ma così non faremmo altro che continuare ad alimentare quello che Jung definisce il Puer, ovvero l’eterno Peter Pan, mai capace, e tanto meno intenzionato a diventare grande e a prendere in mano la propria vita; o, come lo definisce Carol S. Pearson, l’Archetipo dell’Innocente nel suo lato ombra. Quel Bambino Interiore nel suo lato più oscuro che ci induce a delegare continuamente la nostra felicità, il soddisfacimento dei nostri bisogni o la nostra protezione a qualcun altro; quella parte che ci convince di poter essere magicamente “salvati”, che ci fa restare (se le diamo credito) nell’irresponsabilità, nell’incapacità a concretizzare e ad avere costanza nel raggiungimento dei nostri obiettivi, nell’egoismo affettivo, nell’instabilità dei rapporti. Il pessimismo, l’attaccamento, il rifiuto dei conflitti, la fuga dalla realtà, il vittimismo, l’egocentrismo, la dipendenza, l’illusione, il senso di onnipotenza sono aspetti del lato ombra dell’Archetipo dell’Innocente.

Ma possiamo anche scegliere di recuperare quell’innocenza che è intrisa di fiducia, di gioia, di ottimismo, di entusiasmo, di apertura verso sé e verso l’altro; possiamo scegliere di impegnarci a fondo in un cammino di consapevolezza e di crescita personale (come può essere quello delle Costellazioni Familiari) che ci permetta non tanto la risoluzione di ogni problematica o di ogni conflitto, o la garanzia di un’assenza di dolore nella nostra vita, quanto piuttosto che ci dia l’opportunità di prendere coscienza dell’origine di quelle ferite, di riconoscerle e riconoscere con noi stessi quali comportamenti innescano, di elaborarle e finalmente di accoglierle come esperienze e parti della vita stessa.

Recuperare il proprio Bambino Interiore, il proprio Innocente e manifestarlo nel suo lato luce, significa lasciare che quel bambino ferito dentro di noi possa morire per poter, come un’araba fenice, rinascere dalle sue ceneri purificato, guarito in una nuova dimensione di vita in cui diventiamo noi padri e madri di noi stessi, prendiamo per mano quel bambino, dopo averlo abbracciato e coccolato, e lo accompagniamo nel viaggio della vita, capaci ora di amarlo, rispettarlo e proteggerlo, così che lui possa manifestare tutto il suo potenziale di vitalità, di creatività, di gioia, di fiducia in sé e nella vita stessa.

Perché “Non è mai tardi per avere un’infanzia felice” (Tom Robbins).

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