IL VERO SCOPO DEL NOSTRO VIAGGIO

Alla scoperta dell’Archetipo del Sé

Credo che ognuno di noi, almeno una volta nella vita si sia chiesto: che cosa ci faccio qui?

Sono, davvero, esattamente dove voglio essere? Sto realmente vivendo la mia di vita? Sto realizzando lo scopo per cui sono qui? Sono domande che ci accompagnano da millenni e che hanno da sempre stimolato riflessioni,  hanno instillato dubbi, hanno solleticato la curiosità e il bisogno di osare, rischiare, mettersi in gioco; si sono trasformate in impulsi capaci di generare cambiamenti ed evoluzioni, anche profondi, del singolo come dell’umanità.

Ma dove risiedono le “risposte” a queste domande? Dove le parti, che compongono la nostra psiche, trascendono la dualità per giungere ad un’Unità interiore? Qual è il luogo, in noi, in cui tutto si ricompone? E come è possibile “raggiungerlo”? Se tutte queste domande si sono fatte impellenti, allora è giunto il momento di intraprendere un Viaggio, alla ricerca del nostro Sé. Perché l’attivazione dell’archetipo del Sé è lo scopo della Vita di ogni essere umano: è la meta dell’intero processo di Individuazione di cui parla Jung. 

L’archetipo del Sé è l’archetipo della totalità, della completezza, è il luogo dove si ricompongono tutti i dualismi (anche quelli dell’Animus e dell’Anima di cui abbiamo parlato in un precedente articolo). Ma la completezza, a cui ci stiamo riferendo, non è da confondersi con la perfezione (come tante volte sottolineò Jung). Gli stessi antichi vasai Ming, che altro non erano che maestri spirituali, finito di fare un vaso, lo scalfivano  e, a chi domandava il perché, rispondevano che il loro scopo non era fare vasi belli, ma vasi perfetti, intesi come completi di tutto, quindi anche delle imperfezioni, delle scheggiature, del “brutto”: ecco la totalità. Così il Sé rappresenta l’unità della psiche, Il frutto di un processo alchemico che permette il superamento di quella distanza, di quella dissociazione che è tra la coscienza e l’inconscio. “Abitualmente io designo la personalità sopraordinata come Sé, distinguendo nettamente tra l’Io limitato e la totalità della personalità. Nel Sé è compresa, oltre alla parte cosciente, anche la componente inconscia. L’Io dunque sta al Sé come una parte sta al Tutto…” (Carl G. Jung).

Quindi il traguardo è il raggiungimento della Totalità, attraverso quel processo alchemico che per Jung non ha a che fare con il concetto di guarigione, ma piuttosto con quello di individuazione. L’obiettivo non è l’omologazione a modelli standard di normalità, di “salute” e di benessere socialmente definiti, accettati e approvati. Il processo di Individuazione è tutt’altro: inizia con la distinzione fra l’identità personale e quella collettiva,  con la disidentificazione dai ruoli sociali.” La psiche deve cercare non la guarigione, ma l’Individuazione e nell’Individuazione troverà la guarigione reale” (Cit.).

L’attivazione del Sé non dipende dall’Io, questa attivazione semplicemente accade. Ma quand’è che ciò accade?  Quando il nostro Io, poiché ha vissuto e sofferto la propria impotenza, si fa da parte e fa spazio all’accadere delle cose; quando abbiamo avuto il coraggio di incontrare la nostra Ombra (vedi precedente articolo) ed accettiamo le parti che abbiamo giudicato negative, che abbiamo rifiutato, di cui ci siamo vergognati; quando siamo pronti a riconoscere la nostra inadeguatezza rispetto alla comprensione profonda delle cose; quando siamo disposti ad aprirci ad una “guida” diversa da quella del nostro intelletto. Quando l’Io si dissolve fondendosi con il Sé; quando si mette da parte e permette la guida al nostro Maestro Interiore, alla nostra Anima, al Dio dentro di noi, perché questo è l’obiettivo del processo di Individuazione (così come lo intende Jung), questa è la meta finale. Quando l’Io lascia che accadano e si sviluppino possibilità non previste dalla mente, e la cui comprensione sarà possibile solo a posteriori. Solo allora potranno “essere uniti i puntini” come disse Steve Jobs nel celebre discorso alla Stanford University: “…Tutto quello in cui inciampai, semplicemente seguendo la mia curiosità e il mio intuito, si rivelò di valore inestimabile. …  Se non avessi scelto di interrompere il piano degli studi obbligatori [all’Università] non avrei scelto quel corso di calligrafia ed i personal computer avrebbero potuto non avere la stupenda tipografia che hanno. Era ovviamente impossibile unire i puntini guardando al futuro mentre ero al college e capire in cosa si sarebbe concretizzato tutto ciò. Ma la realizzazione era estremamente chiara, guardando alle spalle, dieci anni dopo. Ve lo ripeto, non puoi unire i puntini guardando al futuro, puoi connetterli in un disegno solo se guardi al passato. Dovete quindi avere fiducia nel fatto che i puntini si connetteranno, in qualche modo, nel vostro futuro. Dovete avere fede in qualcosa: il vostro intuito, il destino, la vita, il karma, quello che sia. Questo approccio non mi ha mai deluso e ha fatto tutta la differenza nella mia vita.” Dal punto di vista junghiano noi potremmo dire che lì si è attivato il processo di Individuazione. E questa è la meta finale di quel processo che corrisponde alla comprensione del mistero della Vita, del mistero fondamentale dell’esistenza di ciascuno di noi.

Il senso quindi del Viaggio dentro di noi è la scoperta del nostro valore, è la riconnessione con il nostro Sé, è la risposta a tutte quelle domande che l’intera umanità e noi, in primis, ci siamo posti e continuiamo a porci. Un Viaggio che ci permette, se lo vogliamo, di lasciarci alle spalle la frustrazione di potenzialità non sfruttate, che ci dà l’opportunità di vivere alla grande. Ma possiamo vivere alla grande solo se siamo pronti a diventare grandi noi stessi, e a superare l’idea di impotenza, assumendoci la responsabilità totale della nostra esistenza. Vuol dire trovare il proprio posto nella Vita, vuol dire imparare a riconoscere i propri talenti. E’ capire qual è il proprio fine e non quello che ci è stato attribuito da altri. In altre parole significa divenire noi stessi.

Educare le persone ad ascoltare la propria interiorità, nulla di più: l’idea di Jung è propria quella, l’essere se stessi e il diventare se stessi. Realizzare la potenzialità del proprio destino. Ma non è possibile essere realmente se stessi se non ci si confronta con i credo e i condizionamenti familiari e sociali a cui si è stati sottoposti, se non si intraprende quel viaggio dentro di noi che ci permette l’incontro fruttuoso con la nostra Ombra. Un viaggio che è possibile solo attraverso un costante lavoro su di sé. Non bisogna dimenticare che diversi sono gli strumenti a disposizione che ci consentono di scavare nelle nostre profondità inconsce, alla ricerca del nostro tesoro interiore, e fra tutti il lavoro con le Costellazioni Familiari e Sistemiche. Perché quello che si sente intimamente è quello che, in fondo, si dovrebbe essere.

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