NOI E LA NOSTRA OMBRA

Breve manuale di istruzioni per non rischiare di diventare l’ombra di se stessi

Non si raggiunge l’illuminazione immaginando figure di luce,

ma portando alla coscienza l’oscurità interiore

Carl Jung

Quanto spesso abbiamo esitato nel fare scelte e abbiamo perso quel treno che poteva essere la nostra occasione di cambiamento, seppellendo dentro di noi la frustrazione, l’insoddisfazione, la delusione, quel senso di fallimento che ne è ovviamente derivato? Quante volte abbiamo rifiutato di ammettere a noi stessi le nostre paure, o ci siamo convinti che non avesse senso rimestare nel passato e in quelle situazioni traumatiche che ci avevano profondamente ferito, “perché ormai quello è il passato e non posso più farci niente… quindi tanto vale lasciarlo lì e chiudere quella porta…”, e ci siamo negati il diritto al dolore, alla rabbia? Quante volte non abbiamo seguito il nostro istinto, o non abbiamo ascoltato e soddisfatto i nostri impulsi e desideri, perché condizionati da tabù sociali o falsi alibi morali? E abbiamo represso tutto questo, negandoci il piacere di dare voce a noi stessi e ai nostri bisogni?  Nel fare ciò, abbiamo alimentato la nostra Ombra

Ma cosa intendiamo realmente quando parliamo di Ombra? Secondo la psicologia analitica junghiana, l’archetipo dell’Ombra rappresenta il “lato oscuro” della nostra personalità. Se, da un lato,  la Persona (come abbiamo già spiegato in un precedente articolo), rappresenta la Maschera sociale che indossiamo per essere accettati, riconosciuti, amati, dall’altro, possiamo dire che l’Ombra è, non solo,  tutto ciò che di noi non vogliamo mostrare, ma anche quello che non vogliamo ammettere di noi, nemmeno a noi stessi. Tutta l’opera di Jung è permeata dal tema dell’Ombra, che in parte egli fa coincidere con il concetto di inconscio personale  ma che in realtà, in seguito a sviluppi e aggiunte successive, finisce per  incarnare tutto l’insieme degli atteggiamenti dell’individuo non sviluppati, rifiutati, rimossi.

A partire dall’infanzia, e lungo tutto l’arco evolutivo, ognuno di noi impara ad interagire con l’ambiente e con la società in cui è inserito. I comportamenti ed i pensieri che sono giudicati dall’esterno come inadatti, vengono poco a poco abbandonati e dimenticati. Quante volte abbiamo subìto proibizioni e regole da parte della famiglia, della chiesa, della scuola o, talvolta, anche da parte degli amici? Tutte le volte che abbiamo negato e svalutato un pensiero, un impulso, un desiderio (o una parolaccia…) che veniva indicato come immorale o impraticabile, quel pensiero, quell’azione, quel sentimento di cui ci siamo vergognati, lo abbiamo nascosto. Ma siccome non possiamo cancellare con un colpo di spugna ciò di cui siamo fatti, quelle parti di noi rifiutate e negate hanno finito per  essere messe “in un sacco” (come lo definisce lo stesso Jung); un sacco che è cresciuto con il nostro sviluppo. Così in età adulta ci ritroviamo con un’enorme sacco pieno di parti scisse, rimosse e rifiutate che ci appartengono, e che gravano enormemente sulle nostre spalle.  La psicologia analitica chiama questo materiale sedimentato con il nome di Ombra. A ciò si aggiungono spesso istinti ereditati, in cui si annidano rancore, violenza, odio… Del resto nessuno di noi è totalmente “puro” o “buono” come vorrebbe credere e far credere e, se anche l’educazione familiare, la religione o la società ci possono aver condotto a reprimere e svalutare i nostri tratti aggressivi, compresi quelli sani, l’Ombra riesce sempre a contaminare la nostra personalità conscia. E tutto ciò che abbiamo represso riemerge in modo totalmente inaspettato: magari con esplosioni di rabbia improvvise e immotivate, o con incidenti, con forme di aggressività passiva, o con sogni, lapsus e atti mancati (come ci ha insegnato lo stesso Freud).

E’ questo il paradosso dell’Ombra: quanto più neghiamo e rimuoviamo, tanto più queste parti scisse riemergono in maniera incontrollata ed autonoma. L’Ombra appare tanto più densa e minacciosa quanto meno è cosciente. Proprio come nell’opposizione duale tra Giorno e Notte, Luce ed Ombra si escludono a vicenda, eppure sono strettamente connessi tra loro. Nel Tao cinese un principio non può mai interamente prescindere dall’esistenza dell’altro. Come potremmo infatti, conoscere la luce se non sapessimo cosa sono le tenebre?

Allora diventa necessario, se non vogliamo ridurci a meri contenitori vuoti di impulsi repressi  e di incoscienti istinti, accettare la nostra Ombra e riscattarne i contenuti. Così la prima operazione da fare è quella di vedere come e dove l’abbiamo esiliata: riconoscere che i difetti del mondo sono anche i nostri difetti e che tutto ciò che rifiutiamo, che non accettiamo dell’altro e che giudichiamo aspramente, in realtà altro non è che tutto quello che disprezziamo di noi stessi e che non vogliamo vedere e riconoscere per primo in noi. La psicologia definisce questo processo Proiezione, ed è attraverso questo meccanismo, di cui non siamo consapevoli,  che noi trasferiamo all’esterno tutti quei contenuti inconsci che ci disturbano e che alterano la falsa illusione di perfezione che abbiamo creato di noi stessi e dietro cui ci nascondiamo. Per cui riconoscere che le qualità inaccettabili attribuite all’altro, in realtà appartengono alla nostra personalità, richiede un alto grado di autoconoscenza e consapevolezza, ma è possibile, come pure è possibile il processo di “ritiro” delle proiezioni. Può essere un percorso lungo e doloroso, ma la meta è la felicità e il traguardo la piena espressione di sé.

Quindi, per concludere, anche il più piccolo passo verso il cambiamento non può prescindere dal riconoscimento della propria Ombra e dalla sua integrazione cosciente. La base, l’humus del cambiamento e dello sviluppo personale giacciono in tutta la loro fecondità in quelle recondite parti di noi ignote, che non abbiamo ancora portato alla luce, nelle zone della nostra Ombra. Per trasformarci occorre armarsi di coraggio, pazienza, tenacia per liberare dalle incrostazioni, dai detriti tutte quelle parti di noi che sono rimaste sepolte, inascoltate, rifiutate per decenni, e portarle in superficie. E con esse anche i nostri tesori nascosti, che non aspettano altro che di essere espressi e manifestati. Quindi, se  si decide di utilizzare come strumento di cambiamento e di trasformazione quello delle Costellazioni Familiari (ma questo vale anche per altri strumenti di lavoro su di sé), quello da cui non si può prescindere è che l’unico cammino possibile è quello che passa per le oscurità dell’Ombra. Dante stesso è un grande maestro in questo: l’unica strada verso la Luce o la conoscenza, l’unica via per il Paradiso  è quella che passa prima per  la discesa agli Inferi.

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